Medea dopo. Dopo aver ucciso i due figli, dopo aver compiuto la vendetta tremenda per il tradimento subito da Giasone, ora la donna è rinchiusa in una clinica psichiatrica dei nostri giorni. Ricorda, si lamenta, delira, osservata da infermieri pronti a intervenire. Capolavoro del teatro d’opera contemporaneo, è andata in scena al Teatro Comunale di Bologna, in prima esecuzione italiana, Medeamaterial del francese Pascal Dusapin, che ha ricavato il libretto dall’omonimo lavoro del drammaturgo tedesco Heiner Müller. Scritto nel 1983, quel testo subito si impose per una potenza espressiva che rendeva attualissimo uno dei miti più amati dagli artisti: dalla tragedia di Euripide, all’opera lirica di Luigi Vcherubini, al film di Pier Paolo Pasolini.

Presente e passato si confondono nella mente e nel canto della protagonista. Lei odia Giasone, il suo uomo, il padre dei suoi figli, che l’ha ingannata come un qualsiasi sciagurato seduttore. Ora lui vuole sposare Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto, per ambire un giorno a diventare lui stesso sovrano. Ma lei è Medea, figlia del dio Sole e maga. Priverà Giasone della sua stessa discendenza, userà i propri poteri per annientare Glauce, facendo avvampare di fiamme l’abito nuziale che le manda in dono. Spaventosa Medea.

Dusapin si conferma compositore attento al gesto teatrale: lui non concepisce la tecnica come esercizio fine a se stesso, la impiega, e benissimo, per giungere al cuore dell’umanità dei suoi personaggi. Il soprano Piia Komsi è una virtuosa nel restituire la mente frantumata di una donna che quasi non riesce più ad esprimere frasi compiute, ma soltanto frammenti, detriti, spicchi di ricordi, attraversata da quelli che gli psichiatri chiamano i “pensieri intrusivi”: non li puoi prevedere, controllare, quando arrivano arrivano e ti devastano, presentandosi come la tua vera realtà. Marco Angius dirige musicisti e coristi del Teatro Comunale con estrema attenzione al rapporto tra suono e canto: uno è lo specchio, il respiro dell’altro, in una continua palpitazione. Pamela Hunter restituisce l’intensità della solitudine e del delirio della protagonista, lavorando – da regista vera – sulla credibilità del personaggio folle.

Il lavoro di Dusapin è stato preceduto da un’altra Medea, quella composta nel Settecento da Georg Benda. Nei limiti dell’estetica del tempo, anche Benda porta la tensione espressiva al massimo grado, come ebbe modo di apprezzare Mozart quando la vide rappresentata: “Questo dramma è eccellente e la parola che si recita sullo sfondo musicale è di splendido effetto”. Attrice e cantante, Salome Kammer restituisce lo spessore tragico di una donna tremenda e infelice. La serata, molto riuscita, ha inaugurato Bologna Modern, festival di musica contemporanea che il Teatro Comunale organizza assieme a Musica Insieme. Un atto di coraggio, tra tante programmazioni prevedibili e ripetitive.

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