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Il meteorite ha ucciso i dinosauri. Ma la vita si è rimessa subito in marcia

Tre anni dopo il catastrofico impatto, nel cratere del Golfo del Messico erano già tornati i primi microrganismi. Un ecosistema quasi completo ha impiegato appena 30mila anni a ricrearsi. Anzi, suggeriscono i ricercatori su Nature, la vita sulla Terra forse è nata proprio grazie a eventi simili
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TRE ANNI DOPO, la vita era già tornata. Il meteorite che causò l’estinzione dei dinosauri, 65 milioni di anni fa, cancellò dal pianeta il 76% delle specie viventi. Ma nel punto dell’impatto i primi organismi unicellulari impiegarono pochissimo tempo a ripopolare il fondo del mare. Bastarono una manciata di anni, come dimostrano i microfossili ritrovati durante lo scavo del cratere Chicxulub, nel Golfo del Messico. Il lavoro svolto in mare da un grande consorzio di ricerca internazionale e coordinato dall’università del Texas viene pubblicato oggi su Nature. Un ecosistema “diversificato e altamente produttivo” impiegò 30mila anni a ristabilirsi nell’immediata vicinanza del luogo dell’impatto: un tempo considerato breve. Come disse uno dei protagonisti di Jurassic Park: “La vita trova una strada”.
 
La speciale nave del progetto, capace di ancorarsi al fondale e sollevarsi 
Le cose però sono andate diversamente nel resto del mondo. Per ritrovare la presenza di insetti a distanze maggiori (una ricerca è stata condotta di recente in Patagonia) ci sono voluti nove milioni di anni. Nello stesso Golfo del Messico, gli angoli più lontani dal cratere sono stati ricolonizzati “a livelli paragonabili alla fine del Cretaceo” (cioè al momento precedente all’impatto) solo dopo 300mila anni. Se la scoperta dei primi organismi proliferati subito dopo la caduta del meteorite suggerisce quanto prepotente sia la pulsione per un ritorno alla vita dopo un’estinzione di massa, fa capire anche che per prosperare gli organismi devono necessariamente avere gli ingredienti giusti.
 
Il luogo della perforazione 
La ricerca di oggi esclude che il meteorite, grande una decina di chilometri, abbia riversato in mare elementi tossici: un’altra delle ipotesi suggerite in precedenza per spiegare la portata dell’estinzione di massa. Nella zona del cratere, fa notare Nature, si creò al contrario un ambiente protetto e riscaldato, che mantenne invariate le sue condizioni favorevoli alla vita per milioni di anni. Durante l’impatto con il meteorite le rocce furono prima compresse fino a una profondità di 20 chilometri, poi liquefatte e scagliate in aria a un’altitudine di 10 chilometri. A quel punto ricaddero ai bordi del cratere, largo intorno ai 200 chilometri, formando uno strato di roccia piuttosto soffice e poroso che offrì rifugio ai primi microrganismi, inclusi minuscoli vermi o gamberetti capaci di scavarsi tunnel e tane. Una delle ipotesi per spiegare l’origine della vita sulla Terra, quando il pianeta era bombardato dagli asteroidi, immagina proprio uno scenario simile “e anche eventualmente su altri pianeti, in particolar modo al di sotto della superficie” suggerisce lo studio.
 
Uno dei microfossili ritrovati, una forma di plancton grande circa 50 micrometri 
I microfossili ritrovati al bordo del cratere sono soprattutto foraminiferi (organismi unicellulari molto primitivi, con dimensioni dell’ordine di grandezza del millimetro) e forme molto semplici di fitoplankton. L’analisi è avvenuta partendo da carote di roccia recuperate sul bordo del cratere dalla cosiddetta “Expedition 364”, un’impresa da 10 milioni di dollari. La missione, organizzata dall’International Ocean Discovery Program e dall’International Continental Drilling Program ha portato una nave per due mesi, nel corso del 2016, a perforare il fondale marino. Un campione di roccia alto 130 metri, prelevato 1.335 metri al di sotto del fondale, ha gettato luce sui 200mila anni successivi all’impatto. Oltre al percorso che ha permesso alla vita di rimontare il terreno perduto (è grazie all’estinzione dei dinosauri che i mammiferi, e dunque l’uomo, hanno potuto espandersi in tutto il pianeta), la missione ha ricostruito il processo di formazione del cratere, registrando anche gli tsunami che hanno sconvolto il fondale per settimane. Si stima che l’energia liberata dall’impatto del meteorite equivalga a 5 miliardi di atomiche di Hiroshima e che la polvere riversata nell’atmosfera abbia causato un raffreddamento del clima e un oscuramento del cielo per migliaia di anni.