La crudele odissea di Mussie il ragazzino fuggito dall’Eritrea e finito torturato in continuazione nei lager libici

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Africa ExPress
Londra, 2 novembre 2022

Incontriamo il giovane eritreo in un soleggiato pomeriggio. Un caro amico da molti anni. Ha voluto incontrarci personalmente per raccontare a Africa-ExPress l’odissea di un suo parente, fuggito dall’Eritrea. L’emozione e il dolore traspaiono nei suoi occhi quando, con fatica, inizia la testimonianza di ciò che ha dovuto affrontare il protagonista di questa crudele vicenda.

Campo di addestramento militare SAWA, Eritrea

Mussie (nome di fantasia, come quelli degli altri della famiglia) è nato a Asmara, dove ha vissuto con la famiglia fino al 2019. L’odissea inizia quando la sorella, poco più grande di lui, scappa dall’inferno di Sawa, il campo di addestramento militare. Ruta non ce la faceva più a sopportare i supplizi di quel luogo. A notte fonda ha racimolato le sue poche cose e è ritornata in famiglia.

La punizione del regime non tarda a arrivare. Alla famiglia vengono tolti i vaucher per gli acquisti dei beni di prima necessità. Con il misero stipendio del padre, un militare, la mamma non è in grado di acquistare il cibo per sfamare i sei figli. Senza questi “buoni” tutto costa molto di più.

Mussie, non ancora sedicenne, lascia la scuola per aiutare la famiglia. Dopo poco tempo, però, viene convocato anche lui a Sawa. Per un pochino si nasconde dai nonni in campagna. Poi insieme alla sorella scappa in Etiopia e da lì, i due proseguono verso Khartoum, dove Ruta vive tutt’oggi.

Senza fare parola con nessuno, Mussie dopo poco decide di partire verso la Libia. Giovanissimo, ancora minorenne, si affida a un trafficante, che, dal deserto libico si mette in contatto con Alek, il fratello maggiore. Anche lui è fuggito dalla dittature e dal 2016 vive in Sudafrica. Il trafficante di esseri umani chiede 1.500 euro.

Alek paga senza battere ciglio, a condizione che il fratellino venga riaccompagnato a Khartoum, non vuole assolutamente che venga portato in un altro inferno, dopo essere scappato dal primo, il suo Paese. Ma il giovane non ha mai fatto ritorno nella capitale sudanese.

Lager libici

Per alcune settimane la famiglia non ha notizie del ragazzo, poi arriva una nuova richiesta di denaro. Il precedente trafficante, un eritreo di nome Robet, ha venduto Mussie a un connazionale, un certo Abdu Selam, personaggio ben noto in Libia.

Una notte chiama il lontano parente in Italia domandando altri 5.500 euro per far imbarcare Mussie. Il ragazzo passa 6 mesi in un lager in condizioni disumane. Alla fine, nell’ agosto 2021, riesce a partire, ma il barcone viene intercettato dalla guardia costiera libica.

Appena rimesso piede in Libia, Mussie viene venduto a un gruppo di miliziani. Il ragazzo tenta di scappare, viene acciuffato, picchiato e torturato quasi a morte. Per salvargli la vita la famiglia sborsa altre 2.000 euro. A febbraio/marzo si imbarca nuovamente, anche stavolta viene rispedito in Libia. La guardia costiera è riuscita a bloccare anche stavolta il barcone sul quale viaggiava.

Per farlo uscire di prigione bisogna pagare altre 1.500 euro. Poi, finalmente, grazie ai corridoi umanitari, Mussie arriva in Italia a giugno. Ha appena 17 anni, ma ha già visto il peggio della vita.

Ora Mussie ha raggiunto l’ Inghilterra. Ha da poco compiuto 18 anni. E’ ricoverato in ospedale, ha subito tre interventi, uno a un piede, l’altro al collo e un terzo a un braccio per lesioni causate dalle torture. Pesa meno di 30 chili, fa fatica a nutrirsi. Parla poco, soffre non solo fisicamente. Chissà se mai riuscirà a superare i traumi, i dolori che gli sono stati inflitti.

L’odissea di Mussie è una storia nella storia, vissuta da migliaia di altri giovani che fuggono da dittature, conflitti, fame, cambiamenti climatici. Mussie è sopravvissuto all’inferno dei lager libici, non sapremo mai quanti sono morti di stenti e torture. Altri hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale durante la micidiale traversata, ben 24.960 dal 2014 a oggi.

Secondo l’OIM (Organizzzione Internazionale per le Migrazioni), nell’aprile 2022 in Libia erano presenti 650.000 migranti di 41 nazionalità. Tra loro l’88 per cento è costituito da adulti, mentre il 12 per cento da minori.

Molti migranti vulnerabili, come persone sottoposte a violenze anche psicologiche, minori non accompagnati, pur di fuggire dai lager libici, aderiscono ai rimpatri volontari assistiti, generalmente affidati all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e parte delle politiche di esternalizzazione dei governi europei.

Ma ritornare dalla Libia in Eritrea vuol dire finire dalla padella alla brace. Lì ti violentano i trafficanti qui la dittatura crudele e disumana al potere.

P.S. I nomi dei trafficanti aguzzini, torturatori e ricattatori non sono di fantasia, ma reali.

Africa ExPress
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